Prato, napoletano vende frutta in cinese: "Sono avanti"

Sta spopolando in rete un video molto divertente che vede come protagonista un napoletano e la sua Apecar a Prato. L’uomo, in realtà, è un venditore di frutta che, grazie all’altoparlante posto in cima al veicolo, riesce a informare i suoi clienti dei prezzi e delle promozioni in offerta. Il fatto è che questo lavoratore si trova a Prato, città oramai diventata celebre per la massiccia presenza di persone provenienti dalla Cina, e ha imparato la loro lingua per attirare ancora più clienti interessati.

Il napoletano che parla cinese

La clip ha fatto immediatamente il giro del web, con numerosi commenti e condivisioni. L’uomo che ha ripreso il venditore che chiama i clienti in lingua cinese, afferma: “I napoletani sono sempre avanti, non c’è nulla da fare”. In effetti, è incredibile come il protagonista del video abbia imparato il mandarino per aumentare le proprie vendite.

Il lavoratore, infatti, proviene dal Sud, da Napoli, e si era trasferito nella città toscana in cerca di fortuna. Ma ha dovuto scontrarsi con la crisi e la forte concorrenza, ed ecco che è arrivata l’idea geniale.

@sommavincenzo

♬ suono originale - o colombian

Con un po’ di studio, ha imparato a dire le parole principali, adatte al suo lavoro. Oltre i termini ortofrutticoli, di sicuro avrà appreso anche le parole per attirare ancora più clienti, attraverso formule ed espressioni tipiche della Cina.

Quanta Cina a Prato

Nel corso degli anni, l’Italia ha imparato la difficile lezione che non poteva più competere con la Cina sui prezzi. E così, l'Italia avrebbe venduto qualità, non quantità. Per secoli, questa città medievale fortificata, appena fuori Firenze, ha prodotto alcuni dei tessuti più pregiati del mondo. Nel corso del tempo, è diventata un punto di riferimento per l'eleganza “Made in Italy”.

E poi, la Cina è arrivata qui. I lavoratori cinesi, prima pochi immigrati, poi decine di migliaia, iniziarono a stabilirsi a Prato alla fine degli anni ’80. Hanno trasformato il polo tessile in una capitale manifatturiera di abbigliamento di fascia bassa, arricchendo molti, alimentando il risentimento e provocando recenti repressioni che a loro volta hanno suscitato grida di bigottismo e ipocrisia.

La città ospita oggi la più grande concentrazione di cinesi in Europa: alcuni legali, molti altri no. Qui, nel cuore della Toscana, i lavoratori cinesi lavorano 24 ore su 24 in circa 3.200 aziende che producono vestiti, scarpe e accessori di fascia bassa, spesso con materiali importati dalla Cina, in vendita a rivenditori di fascia media e bassa in tutto il mondo.

È un problema del “Made in Italy”: grazie alle deboli istituzioni italiane e all’elevata tolleranza nei confronti delle regole, i cinesi hanno offuscato il confine tra “Made in China” e “Made in Italy”, minando il prestigio dell’Italia e la capacità di commercializzare i propri prodotti.

La situazione è costantemente cresciuta oltre il controllo delle autorità fiscali statali e delle autorità di immigrazione. Secondo la Banca d’Italia, i cittadini cinesi di Prato incanalano verso la Cina circa 1,5 milioni di dollari al giorno, principalmente proventi derivanti dal commercio di abbigliamento e tessili. Profitti di tale portata non risultano nei registri fiscali e alcuni funzionari locali affermano che i cinesi preferiscono rimpatriare i propri profitti piuttosto che investire localmente.

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